Se non fosse per loro [Italian]

[*](Inviato a milano.radiopolare.it) Il massacro di Abba ci ricorda che in questo paese e a Milano ci sono ancora tante minoranze da cui sperare. Gli immigrati per esempio. Che pochi vedono come una notevole risorsa per l’Italia e l’Europa. I numeri dicono che un terzo degli immigrati Italiani è impiegato in attività come muratore, bracciante, manovale [1]. Ci rubano il lavoro? Non mi sembra che ci sia la coda di giovani Italiani per prendere in mano la cazzuola o raccogliere pomodori. Occupazioni a cui per altro si destinano gli stranieri con grande dispendio di capitale umano, dato che quasi la metà degli stranieri laureati svolge un lavoro non qualificato [1].
 

Ma non c’è solo questo. I numeri ci dicono anche che in Europa si procrea sempre meno. Dicono che, con le attuali politiche di rigida chiusura verso l’esterno, l’immigrazione verso la UE aumenterà comunque, ma questo non basterà ad evitare una situazione in cui, nel 2060, per ogni ultra-sessantacinquenne, ci saranno soltanto 1.5 persone in età lavorativa, disponibili per produrre reddito e contributi allo stato sociale (oggi sono più di 3 [2]). Ma non c’è neanche solo questo.
 

Già oggi vediamo che, soprattutto l’Italia, è la società del vecchiume. Non la saggezza degli anziani che fa da guida ai giovani. Ma la mentalità stantia che non produce nuove idee. La quale, quando mette il naso fuori dal proprio provinciale portone, lo fa stringendo la borsetta al petto. Una società di corporazioni e figli che ereditano lo studio o la fabbrichetta, di gente coi palazzi e call-centristi che sognano il mutuo, e questo sfugge ulteriormente con la crisi mondiale degli stupidi squali della Finanza. Una società che si muove col bastone, con giovani smidollati cresciuti nella bambagia, i quali, per esempio, arrivano all’università che non sanno compilare un bollettino postale. In una società così, le speranze vengono più che altro da fuori. Se uno è un nero Italiano e viene fermato dalla polizia per sentirsi chiedere dove ha rubato l’auto. Se uno ha rischiato la vita su un gommone per tentare di venire a trovarsi un lavoro e realizzarsi. Se uno è giovane e si mette completamente in gioco, affronta l’esperienza di sradicarsi dal proprio mondo, lottare per il proprio tocco di felicità. Magari gente così ha più palle di un trentenne che vive ancora con mamma’, che si spende meno e si mangia bene.
 

Gli immigrati sono una risorsa. Milano è emblematica. La città dove la gente in metropolitana è sempre  e sempre più ingrugnita, dove inizia a litigare la mattina presto, perché è in coda dietro di te all’edicola e tu non ti sbrighi. Dove non si capisce che in un posto così, grigiore, lavoro, intrappolamenti nelle strade, uno dei motivi per cui può valere la pena viverci è la dimensione internazionale, poter incontrare gente che non vive come te, ha un’altra storia e un altro modo di vedere le cose, dove il mescolamento rende possibile quel famoso adagio, che se ci scambiamo un’idea, ci ritroviamo tutti con un’idea in più. Gli immigrati, soprattutto quelli più giovani o quelli di seconda generazione, nostri connazionali. Le minoranze. Sono le risorse contro questa città triste, incazzata e senza slancio, contro il soffocamento da polveri sottili, da parcheggi costruiti dagli amichetti degli assessori, da palazzinari con le mani sull’EXPO.

Dagli immigrati si può sperare qualcosa. Per esempio, si potrebbe lavorare con loro perché abbiano diritto di voto alle elezioni locali. La Sinistra è ancora presente in qualche amministrazione locale, potrebbe svegliarsi su cose del genere. Tra l’altro, ricostruire un po’ la partecipazione democratica è una questione senza nazionalità, il prossimo obbrobrio cementificatorio riguarda tutti, essere costretti a pregare sui marciapiedi della circonvallazione è speculare a non avere una biblioteca di quartiere o dei cortili per i bambini. Si può fare qualcosa insieme a immigrati, minoranze, gente per cui la vita in città è dura. Gente che normalmente esiste solo quando si tratta di macellarla nel tritacarne della feroce propaganda della paura, di spremere senza pietà la guerra tra poveri, per raccattarne un po’ di voti. Ma conviene pure che qualcosa si faccia. Perché altre esperienze in Europa ci dicono che, giustamente, le minoranze non sopportano in eterno, la comune ingiustizia fornisce rabbia ed identità. Minoranze, sfruttati, migranti. Dove bisogna guardare per sperare qualcosa.

Click to rate this post!
[Total: 0 Average: 0]

Written by

I'm the owner of this personal site. I'm a geek, I'm specialised in hacking software to deal with heaps of data, especially life science data. I'm interested in data standards, open culture (open source, open data, anything about openness and knowledge sharing), IT and society, and more. Further info here.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *