Da un po’ fastidio doverlo ammettere, ma una delle cose più interessanti su questa storia della RU486 l’ha scritta il Giornale:
Dovete spiegarmi, altrimenti, come sia possibile che l’85 per cento degli italiani sia favorevole alla legge 194 (percentuale in crescita) ma i ginecologi obiettori sono passati dal 58 per cento del 2005 al 70 per cento del 2007; gli anestesisti obiettori invece sono passati dal 45,7 al 52,3 per cento; il personale paramedico, infine, dal 38,6 al 40,9. In alcune regioni molto «tipiche», poi, le percentuali dei ginecologi obiettori sono ormai da capogiro: in Campania l’83,9, in Basilicata l’84,1, in Sicilia l’83,5. Forza, ditemi che sono i «profondi convincimenti», e non ragioni di comodo e di carriera, a invertire le percentuali tra gli italiani e queste categorie
Se non si fosse capito, le regioni “tipiche” sono quelle come la Lombardia, dove anni di regno Formigoniano hanno consegnato la sanità pubblica a orde di ciellini e alle loro cliniche convenzionate.
Ecco una questione seria di cui il legislatore dovrebbe occuparsi, invece, come chiede Cossiga, di ingerire in questioni tecniche, come la messa in circolazione di un farmaco, che è già usato da anni in molti paesi civili. Questioni di cui tipicamente il legislatore non capisce niente e di cui, nel caso specifico, si vuole occupare perché non ha il coraggio di dare direttamente l’assalto alla legge che garantisce il diritto di scegliere o meno una gravidanza, legge alla quale gli Italiani e le Italiane mostrano di tenere ancora, nonostante la asfissiante propaganda clerico-con.
Perché invece, domanda retorica, il legislatore non si occupa di mettere mano a questa ridicola contraddizione dei ginecoloci anti-abortisiti? Perché non si dibatte appassionatamente circa i pericoli per la salute, derivanti dal fatto che questa è in mano a certi personaggi? A persone, cioè, che aderiscono a sette clericali e pretendono, per altro per ipocrite ragioni di carriera, di mischiare la scienza medica con le mistificazioni superstiziose?
Per esempio, qualcuno si è mai chiesto che cosa succede ad una ragazza e alla sua vita, dopo che un ginecologo ciellino con promettente carriera politica le ha rifiutato la prescrizione della pillola del giorno dopo? Non sì dovrebbe chiedere conto a costui delle proprie malefatte, esattamente come si chiederebbe conto ad un militare che improvvisamente (magari perché qualche assessore ciellino gli ha fatto qualche promessa) si dicharasse obiettore e lasciasse la trincea?
Io ho fatto obiezione di coscienza al servizio militare e, più o meno giustamente, non ho diritto di ottenere un porto d’armi. Ma allora perché uno che obietta all’aborto deve avere diritto ad esercitare una professione come quella del ginecologo o dell’anestetista? Che diritto ha un farmacista, in uno Stato suppostamente laico, di decidere, anche di fronte ad una prescrizione, quali farmaci è giusto, anzi “morale”, dispensare e quali no? Perché non si impone a costoro un po’ di coerenza, di scegliere se vogliono rispettare i propri presunti principi oppure i doveri della professione medica?
Come tutti, spero sempre di aver bisogno di medici il meno possibile. Di questo passo ci toccherà sperare anche che i barellieri non passino in chiesa, a farci confessare, prima di correre in rianimazione?