Due o tre cose che so dell’iPhone (e Renzi probabilmente no) [Italian]

[Gettoni d'oro Canale 5]La battuta sul tentare di usare l’iPhone col gettone telefonico è oggettivamente formidabile. O meglio, è formidabile in questo paese gerontocratico e provinciale, in cui nemmeno i ‘giovani’ quarantenni sanno parlare di certe cose con cognizione di causa.

Se infatti l’avversario di Renzi fosse un Richard Stallman o un Jaron Lanier, probabilmente stigmatizzerebbero la passione di Renzi per l’iPhone e la sua visita ammerigana a Cupertino per quello che sono: l’entusiasmo sguaiato di un fanboy un po’ cazzone, stregato dal potente marketing della mela morsicata.

Intendiamoci, io sto scrivendo da un Mac. Costa un casino, mi sento un privilegiato, ma lo trovo molto utile. L’iPhone è un poderoso prodotto dell’ingegno e del gusto estetico. Ciononostante, non vado a fare l’imbecille alle 2 del mattino, in coda al centro commerciale, per comprarmi in anteprima l’ultimo modello del telefono della mela, quello che non va a gettoni, per il quale sbava anche Renzi. Innanzitutto perché io sono di Sinistra e, in quanto tale, considero questo feticismo consumistico tra i prodotti più tossici che la disgustosa politica neo-liberista ha prodotto nel corso dei decenni. Quella politica praticata non solo dalla destra della Tatcher, Reagan e Berlusconi, ma anche, e più colpevolmente, dalla ‘sinistra’ di Craxi, Blair e Renzi.

D’accordo, d’accordo, è ideologia, è roba vecchia, di gente che, come ricorda Riccardo Luna, si vantava di non usare il cellulare. Vogliamo allora fare una lettura ‘moderna’ del mito dell’iPhone? Uno compra questo gingillo da 7-800 euro e poi è la casa madre che decide cosa ci può fare o non fare. E’ il modello di accesso alla proprietà intellettuale alla base dell’AppStore. Io negli anni 90, quando Renzi metteva da parte i gettoni della Ruota della Fortuna, leggevo cose come The Cathedral and the Bazaar, o la rivista della Shake edizioni. Erano letture molto appassionanti, perché la Sinistra entrava dentro la rivoluzione digitale, mettendo in discussione i monopoli, la distribuzione della e l’accesso alla proprietà intellettuale, la libertà di usare la tecnologia, senza esserne usati.

Ora, mettiamo che tu sia un tecno-utopico di questo genere, che per l’iPhone sa scrivere le app, e non solo giocare a fare il guappo ammerigano-fiorentino. Mettiamo che tu abbia voglia di distribuire una tua app gratuitamente, consentendo a chiunque di modificarla e migliorarla, aderendo così ai quei principi di liberazione della proprietà intellettuale accumulata dai capitalisti, di economia del dono, cooperativa, costruita dal basso. Ebbene, tutto questo con l’AppStore tendenzialmente non lo puoi fare, perché c’è un mezzo monopolio che si arroga il diritto di  impedirtelo. Questo monopolio, oltre a stabilire che cosa i propri clienti possono o non possono fare col loro costoso gadget, stabilisce anche chi può distribuire le app e chi no. Problemi come questo, che i più informati chiamano vendor lock-in e walled garden, sono propri dell’iPhone, di Facebook e di un mondo sempre più controllato dai servizi ‘gratuiti’ di poche, enormi multinazionali. Una specie di oligarchia tecno-digitale-finanziaria, che una Sinistra informata, moderna e non nostalgica avrebbe il dovere di conoscere, criticare e magari contrastare, quantomeno attraverso modelli alternativi e adeguate politiche tese a favorirli.

Ma purtroppo, in Italia, queste cose le conoscono in pochi, molti dei quali sono fuggiti all’estero da anni, col risultato che Renzi ha gioco facile a fare le battute sui gettoni, senza che nessuno gli risponda a tono, chiedendo dove sia la Sinistra in quella sua passione acritica, e pure provinciale e patetica, per i gizmo della mela morsicata, e pure un po’ bacata.

Come pure, Renzi ha gioco facile nel paragonare chi difende la dignità del lavoro a dei Neanderthal, che si impappinano se non hanno la tastiera gigante, senza che nessuno gli risponda ricordando in quali condizioni viene fabbricato l’iPhone. L’iPhone lo fanno in Cina, lo assemblano gli operai della Foxconn, una gigantesca fabbrica, in cui le condizioni degli operai sono, come le ha definite un rapporto di 20 università cinesi, da campi di lavoro forzato. Dove, in risposta all’ondata di suicidi dei lavoratori, hanno installato reti di protezione alle finestre, nonché costretto i dipendenti e i loro familiari a rinunciare a qualsiasi risarcimento, in caso di suicidio o tentato suicidio. La stessa gigantesca fabbrica dove operai molto specializzati, che conoscono l’iPhone decisamente meglio di Renzi, sono dei numeri e degli oggetti, che dormono seduti al proprio posto di lavoro, attaccati ad ingranaggi, come nel più selvaggio industrialismo capitalista, in cui le paghe sono da fame, gli straordinari non sono pagati, c’è scarsa attenzione alla sicurezza, e ovviamente, l’articolo 18 è cosa dell’altro mondo, tipo il mondo che è passato per un paio di secoli di lotte di Sinistra.

[Foxconn workers, sleeping on their desk]Queste cose, i drogati di consumismo, che fanno la coda all’Apple Store, le ignorano, consapevolmente o meno. I fanatici dello scintillante futuro hi-tech fanno finta che siano problemi marginali, persino in riferimento ad un paese come l’Italia. Ma quel che è peggio è che gli avversari di Renzi fanno fatica a chiedere con forza, come dovrebbero, quale società il renzismo rampante immagina di costruire.  Anche ammesso che, in cambio di ulteriori libertà padronali, si ottengano mirabolanti 800mila posti di lavoro (una balla che grida vergogna al cielo, ma facciamo finta per un momento), di che lavoro si tratterà? Del lavoro in cui, di fatto, non puoi fare il sindacalista, né fare sciopero, o pretendere il rispetto della 626, perché c’è sempre il rischio che il padrone dica: esubero! e ti sbatta fuori? E dove arriverà questo modello, se già ora si prevede il de-mansionamento e non si parla minimamente dell’emorragia di potere di acquisto, che va avanti dagli anni 90 (a fronte di incrementi spaventosi dei profitti e delle rendite finanziarie)? Ad un partito di sedicente Sinistra va bene che il proprio paese rischi di abbassarsi alla Cina della Foxconn, invece che impegnarsi perché la Cina di Foxconn si avvicini agli standard sociali europei? I quali, anche se c’è chi fa finta di non ricordarlo, non arrivano dal cielo, ma sono il frutto delle lotte del movimento operaio e delle conquiste dei governi socialisti. Lotte che oggi il PD e i loro compari del PSE osteggiano, tanto quanto fanno i neo-liberisti dichiarati. E ancora, l’automazione sempre più spinta, la quale sta per coinvolgere anche il lavoro intellettuale, avrà un impatto sempre più drammatico sul lavoro e l’occupazione. Non è un po’ poco che una sedicente Sinistra risponda che basta studiare, essere innovativi, darsi da fare, mettere su le start-up e dimenticare il posto fisso? Salvo poi non affrontare mai il nodo dell’incremento della produttività che va largamente a beneficio dei padroni, inclusi i finanzieri che sponsorizzano Renzi, mentre a tutti gli altri va già bene se restano le briciole?

La piazza di Sabato era molto bella, ma purtroppo questi argomenti decisamente scarseggiavano anche in quella piazza. E’ per questo che la metafora del gettone nell’iPhone è profondamente efficace, perfetta per questa società ignorante, acritica e rimbecillita dal consumismo, dalle immagini forti e dalle semplificazioni scandalosamente menzognere. E’ per questo che una brillante battuttina hi-tech ha ottime possibilità prevalere su argomenti sacrosanti e di demolire ulteriormente diritti e conquiste sociali, di indebolire ulteriormente i più deboli e i loro rappresentanti sindacali.

Però, magari, saremo tutti felici di fare un mutuo per comprarci l’iPhone che non va a gettoni.
 

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